Buoni pasto 2017: la nuova regolamentazione

Il 9 settembre 2017 è entrato in vigore il Decreto del 7 giugno 2017 n. 122  che ha introdotto una serie di novità aventi l’obiettivo di regolamentare ufficialmente l’utilizzo dei buoni pasto.

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Oggi l’attenzione si sposta su un argomento recentemente disciplinato: la normativa sui buoni pasto.

Buoni pasto 2017: tutte le novità

Con l’entrata in vigore del Decreto MISE, sono state introdotte nuove regole sull’utilizzo dei buoni pasto.
Ma cosa sono nello specifico i buoni pasto? Si tratta di un mezzo di pagamento dal valore predeterminato, utilizzabile per comprare un pasto o prodotti alimentari.
I voucher presentano un valore compreso tra i 2 e i 10 euro e vanno spesi interamente in quanto non danno diritto a resto.

Per quanto riguarda il mero utilizzo dei buoni, sono state introdotte due importanti novità.
Innanzitutto il provvedimento precisa che i buoni pasto devono essere utilizzati soltanto dal titolare e non possono essere ceduti né cumulati oltre il limite di 8 buoni.
In aggiunta vengono elencati gli esercizi nei quali si potranno spendere i buoni pasto: rispetto al passato anche agriturismi, mercatini e spacci industriali saranno tenuti ad accettarli.

 

buoni pasto 2017: la nuova regolamentazione

 

I beneficiari dei buoni pasto

Fino all’introduzione del Decreto, i pareri in merito agli aventi diritto ai buoni pasto erano contrastanti.
Con le recenti disposizioni, è stato stabilito che i voucher debbano essere erogati a tutti i dipendenti pubblici e privati e anche a coloro che sono assunti con contratto di lavoro ad orario part-time ma che non possono usufruire del servizio di mensa aziendale.
Questi ultimi riceveranno buoni pasto solo al sussistere di determinate condizioni.
Nello specifico, vengono erogati ticket ai dipendenti part-time che non possono consumare un pasto a casa perché:

  • l’orario di lavoro copre la fascia oraria di pranzo o cena;
  • la distanza tra casa e luogo di lavoro è eccessiva.

 

Come funziona per le aziende

Per quale motivo un’azienda dovrebbe erogare buoni pasto ai propri dipendenti?
Molte aziende non forniscono il servizio ai lavoratori ma preferiscono rimborsare i pasti in busta paga, ignorando i vantaggi di cui potrebbero beneficiare.
In particolare, un’azienda che sceglie di acquistare buoni pasto per i propri dipendenti offre un servizio che è totalmente deducibile.
L’unico onere per l’impresa è rappresentato dall’IVA agevolata al 4% detraibile.
I buoni pasto sono quindi un servizio che sostituisce la mensa, traducendosi in un sostegno importante al reddito familiare senza che l’azienda incorra in spese aggiuntive e recuperando fiscalmente il loro valore.

L’azienda che sceglie di fornire il servizio di buoni pasto procede con la richiesta di un certo quantitativo di buoni a società terze convenzionate, le quali erogano un numero predefinito di voucher che saranno destinati ai lavoratori.
Il dipendente, pubblico o privato, ne potrà usufruire per consumare il proprio pasto sia a pranzo che a cena, purché i buoni siano utilizzati durante l’orario di lavoro.
Qualora nelle vicinanze del posto di lavoro non ci siano esercizi convenzionati, i voucher possono anche essere erogati direttamente nella busta paga del lavoratore come indennità sostitutiva di mensa.
Facendo parte della retribuzione erogata al dipendente, l’indennità è soggetta sia alla contribuzione fiscale che a quella previdenziale.

 

I vantaggi dei buoni pasto elettronici

Una delle principali novità del Decreto è costituita dalla possibilità di emettere buoni pasto anche in formato elettronico.
Non cambiano soltanto il formato e la modalità di utilizzo ma anche la tassazione prevista: i datori di lavoro che si adegueranno a questa informatizzazione dei voucher su carta magnetica avranno diritto ad una tassazione agevolata.
Al contrario dei buoni pasto cartacei, che sono esenti da imposte fino a 5,29 euro, i ticket elettronici prevedono un’esenzione fiscale fino al valore di 7 euro, in virtù della loro trasparenza.
Inoltre, non concorrendo alla formazione del reddito da lavoro dipendente, essi non sono soggetti a Irpef e alla contribuzione obbligatoria Inps.

 

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